Rushdie Salman - 1995 - L'ultimo sospiro del Moro by Rushdie Salman

Rushdie Salman - 1995 - L'ultimo sospiro del Moro by Rushdie Salman

autore:Rushdie Salman [Rushdie Salman]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788852051517
Google: nTp9BAAAQBAJ
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2014-07-28T22:00:00+00:00


13

I cosiddetti “dipinti del Moro” di Aurora Zogoiby si possono dividere in tre periodi ben distinti: i “primi” quadri, eseguiti tra il 1957 e il 1977, vale a dire tra l’anno della mia nascita e quello delle elezioni nelle quali fu battuta la signora G., e della morte di Ina; gli anni “grandi” o “maggiori,” 1977-81, durante i quali creò le opere profonde e appassionate cui il più delle volte viene associato il suo nome; e i cosiddetti “Mori tenebrosi,” quelle immagini di esilio e di terrore che dipinse dopo la mia partenza, e che comprendono il suo ultimo capolavoro incompiuto e non firmato, L’ultimo sospiro del Moro (cm 170 x 247, olio su tela, 1987), nel quale si rivolse, finalmente, all’unico soggetto che non aveva mai affrontato direttamente: occupandosi, in quell’aspra raffigurazione del momento in cui Boabdil era stato espulso da Granada, di come lei stessa aveva trattato il proprio unico figlio maschio. Era un quadro che, malgrado le grandi dimensioni, era stato ridotto all’essenziale, i cui elementi tutti convergevano sul viso che ne formava il cuore, la faccia del Sultano, dalla quale orrore, debolezza, smarrimento e pena dilagavano come una vera e propria tenebra, una faccia in uno stato di tormento esistenziale che ricordava quelle di Edvard Munch. Era il quadro più diverso che si potesse immaginare dal sentimentale trattamento dello stesso tema che ne aveva fatto Vasco Miranda. Ma era anche un quadro misterioso, quel “quadro perduto”: e com’era straordinario che le due versioni di questo tema, quella di Vasco e quella di Aurora, dovessero sparire pochi anni dopo la morte di mia madre, l’una rubata dalla collezione privata di C. J. Bhabha, l’altra addirittura dal Lascito Zogoiby! Signore, signori: permettetemi di stuzzicare il vostro interesse rivelando che era un quadro all’interno del quale Aurora Zogoiby, negli ultimi nervosi giorni della sua vita, aveva nascosto una profezia della sua morte. (Anche il destino di Vasco era legato alla storia di queste tele.)

Mentre annoto i miei ricordi della parte che ho avuto in questi dipinti sono naturalmente consapevole del fatto che coloro che si prestano a fare da modelli per la creazione di un’opera d’arte possono offrire, nel migliore dei casi, solo una versione soggettiva, spesso offesa, talora maliziosa, e sempre dalla parte sbagliata della tela, del lavoro finito. Che cosa dunque può dire utilmente l’umile creta delle mani che l’hanno plasmata? Forse soltanto questo: che io c’ero. E che in tutti quegli anni di sedute feci anch’io una specie di ritratto di lei. Lei mi guardava, e io guardavo lei.

Ecco quello che vedevo: una donna alta con una kurta fatta in casa macchiata di vernice e lunga fino a metà polpaccio indossata sopra un paio di calzoni di tela olona blu, scalza, con i capelli bianchi raccolti sul capo e irti di pennelli che le davano un’aria eccentrica da Madama Butterfly, una Butterfly come avrebbe potuto interpretarla Katharine Hepburn o – sì! – Nargis in qualche buffa versione indiana, Titli Begum: non più giovane, non più agghindata e dipinta, e di sicuro non più preoccupata per il ritorno di un patetico Pinkerton.



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